Grumo Nevano, Enrico Nocera “QUANTO SAREBBE BELLO SE OGNUNO CONOSCESSE UN MINIMO DELLA SUA STORIA, PRIMA DI APRIRE BOCCA”

Chiedo scusa, mi andava semplicemente di condividere con voi questa riflessione. Da parte di un vostro lettore, e collega, grumese (purtroppo costretto a emigrare in Roma)

Qualche giorno fa ero dal barbiere (sì, ogni tanto ci vado pure io) e si sa: dal barbiere la gente si incontra, parla, dice cose. In televisione mandano il servizio di uno sbarco di profughi in Sicilia. Un signore con i sandali, seduto in attesa del suo turno, comincia a inveire pesantemente contro i malcapitati sbarcanti, come ormai succede quasi per moda. Tipo portare i pinocchietti negli anni ’90 (maronn’) o i sabot ai piedi nei primi Duemila (maronn’ due volte!). Io, lo ammetto, perdo occasione per parlare. Me ne sto zitto perché, una volta tanto, vorrei godermi il taglio di barba (mica capita spesso) senza polemizzare con uno che esprime luoghi comuni privi di sequenza logica e che afferma scandalizzato: “Pure la Chiesa dove vado io aiuta solo agli stranieri, mai agli italiani”. Cosa, peraltro, non vera. Ma vabbè. Particolare importante: il mio barbiere, nonché la Chiesa suddetta, stanno a Grumo Nevano, paesino di qualche migliaio di anime a 13 chilometri da Napoli. Il cui patrono è San Tammaro. Ecco, qua volevo arrivare. La sera stessa, manco a farlo apposta, mi capita tra le mani un libro ristampato nel 1979, che parla della storia di Grumo Nevano. Un libro che stava prendendo polvere sui miei scaffali e che, non so per quale motivo, quella sera, prima di andare a dormire, un poco mi attirava. Senza farla ancora più lunga, a pagina 83 c’è scritto: “San Tammaro è uno dei dodici vescovi cacciati dall’Africa Settentrionale dal Re dei Vandali, Genserico, perché rifiutò di abbracciare l’Arianesimo, religione contraria alla dottrina della Chiesa cattolica. Sbattuto, insieme ai compagni di fede, a bordo di un’imbarcazione facente acqua, invece di affondare sbarcò alla foce del Volturno l’anno 440”. In pratica era un profugo. Un richiedente asilo. E ho pensato non a quanto sia bello leggere, tentare di “farsi una cultura” e tutte quelle cose lì. Ma a quanto sarebbe bello se ognuno conoscesse un minimo della sua storia, prima di aprire bocca e sparare scorregge vocali. Avremmo risolto un sacco, ma proprio un sacco, di problemi.