Nella nostra vita, ci sono dei momenti, delle istantanee, che non riesci a cancellare dalla tua mente. E’ come una immagine indelebile che al ricordo appare sempre nitida, come se fosse stata scattata in quell’istante, che il tempo non ha intaccato, anche dopo decenni. La morte di Paolo Borsellino per il tritolo esploso alle 16.58 del 19 Luglio del 1992, è per me uno di questi momenti. L’ho scritto anche negli anni precedenti di come e dove fui raggiunto da quella tragica notizia. Quel giorno ero a casa di mia moglie, c’era la finestra aperta per il caldo, qualche rumore esterno di auto che transitavano, un pò di venticello fresco mentre guardavo Rai Due. Tutto d’un tratto quel venticello fresco, quei rumori, furono cancellati dalla sigla di una edizione straordinaria del Tg2. Era successo qualcosa di grave, una esplosione in via D’Amelio a Palermo aveva coinvolto il Giudice Paolo Borsellino, ancora non si capiva quali erano le sue condizioni. Fui attraversato da brividi sulla pelle che presto divennero lacrime quando giunse la notizia che decretò la fine di ogni speranza di vedere in vita l’uomo che insieme al Giudice Falcone, ammazzato due mesi prima, aveva contribuito in maniera determinante alla lotta contro la mafia. Tanto fu il dolore che ancora oggi piango di fronte a quelle immagini delle carcasse di auto incendiate dall’esplosione, dei corpi straziati, dei soccorritori dagli sguardi terrorizzati. Seguivo Paolo Borsellino sin dai primi passi quando entrai in politica. Negli ambienti della destra universitaria, si parlava del giudice e del suo trascorso ideale nel periodo degli studi universitari. Per tutti noi è stato sempre un baluardo di legalità e valori, di serrata lotta alle mafie e a quel sistema che alimentava e difendeva le logiche mafiose. Il 19 luglio di 31 anni fa hanno ammazzato l’uomo, certamente non le sue azioni, le sue idee, i suoi insegnamenti, i suoi valori che mai saranno cancellati. Peppino Landolfo