GRUMO NEVANO. Peppino Landolfo “Mio cugino Tammaro Romano, un coraggioso altruista. Quel maledetto giorno ero lì”

Non ne avevo mai parlato pubblicamente, l’altro giorno,  ricordando Tammaro insieme alla sorella Eufemia, è venuto alla mente l’episodio che mai più dimenticherò, quello di aver parlato con Tammaro 10 minuti prima che accadesse il tragico evento della sua uccisione. La mamma di Tammaro e mio padre sono fratelli, tanti i momenti trascorsi insieme nei primi anni della nostra vita. Quel maledetto 31 marzo del 1988 forse sono stato l’ultimo della famiglia a vederlo sorridere ancora in vita. Era l’ora di pranzo e, come ogni giorno, prima di salire a casa venendo dall’ufficio per la pausa pranzo, mi fermavo in salumeria da Andrea per comprare il latte per mia figlia Giovanna di pochi mesi. Entro nel negozio e incontro Tammaro che stava ritirando dalle mani di Andrea,  il solito panino per poi recarsi al lavoro, al Commissariato di Montecalvario. “Ciao Tammaro tutto bene?” “Si, Peppe vado in ufficio, a te tutto ok?” “Tutto ok, prendo il latte per Giovanna e salgo, buon lavoro”, ci siamo detti. Tammaro era solito passare a salutare i suoi amici al negozio di abbigliamento di via Turati, proprio sotto il balcone dove abita mio padre, a pochi passi dalla salumeria. Compro il latte e una cassa d’acqua, mi avvio a prendere l’ascensore. Arrivo a casa, busso, mi apre Angela, vado in cucina, improvvisamente squilla il citofono, una voce agitata mi dice “Peppe scendi subito, hanno sparato a tuo cugino Tammaro”. Lascio tutto a terra e mi precipito di corsa sul posto. Tammaro era stato già trasportato in ospedale, cerco di capire, domando a qualcuno, arrivano i suoi colleghi da Napoli, attoniti tra rabbia e sconforto. Sono riuscito a capire soltanto che Tammaro, gravemente ferito, perdeva del sangue mentre lo trasportavano. Per un attimo avevo sperato che poteva farcela, purtroppo non  fu così, dopo quattro giorni, il 4 Aprile il cuore di Tammaro si fermò per sempre. Domani sarà ricordato come ogni anno a partire dalle ore 11 nella piazza che porta il suo nome, Tammaro Romano. Lo vorrei ricordare con due parole, coraggioso ed altruista. In tanti episodi dimostrò di avere queste qualità umane e professionali incarnate nel suo DNA che lo portava sempre a difendere i più deboli, a difendere la legalità, spesso con estremo coraggio, quel coraggio che non fece mancare nell’affrontare senza esitazione i malviventi in quel tragico 31 marzo del 1988. 

TAMMARO ROMANO, Morì il 4 Aprile nell’ospedale Cardarelli di Napoli, dove era ricoverato in seguito alle ferite subite alcuni giorni prima nel corso di una sparatoria con un rapinatore. Il 31 Marzo il sovrintendente principale Tammaro Romano si trovava, libero dal servizio, nel negozio di abbigliamento di proprietà di un amico a Grumo Nevano (NA) quando vi fecero irruzione armi in pugno due giovani rapinatori urlando “Dateci i soldi!”. Il sovrintendente Romano reagì estraendo la propria pistola d’ordinanza e puntandola contro uno dei criminali il quale però ingaggiò con lui una violenta colluttazione nel corso della quale entrambi premettero il grilletto delle rispettive pistole. Il sottufficiale venne colpito da un colpo di pistola alla base della nuca ma prima di crollare riuscì a sparare a sua volta ed a ferire il bandito ad una gamba. Il rapinatore, nonostante la ferita subita,  riuscì a fuggire, dopo essersi impossessato della pistola del poliziotto. Il sovrintendente Romano venne portato immediatamente all’ospedale Cardarelli di Napoli ma le sue condizioni apparvero subito disperate, dato che il proiettile aveva danneggiato il midollo spinale, provocando un esteso edema cerebrale che ne provocò la morte. Il sovrintendente principale Tammaro Romano prestava servizio presso il commissariato del quartiere Montecalvario a Napoli, dove era comandante della Squadra di Polizia Giudiziaria. In Polizia da circa 18 anni in precedenza aveva prestato servizio presso il Commissariato di Ischia  e presso il Reparto Mobile. Alla sua memoria venne concessa la Medaglia d’Oro al Valor Civile. Tammaro Romano lasciò la moglie e tre figli. Fonte: “Il Mattino” del 5 Aprile 1988