LO SCIENZIATO MINUCCI, IL KILLER DEI TUMORI. EX ALLIEVO AL LICEO DURANTE, MOGLIE GRUMESE. UNA ECCELLENZA MONDIALE NEL CAMPO DELLA RICERCA SUL CANCRO

di Giuseppe Maiello –  tratto da Il Mattino

“Io sono un fortunato, faccio il lavoro che ho sempre sognato”: Saverio Minucci,  laurea in medicina in tasca, è partito da Cardito con un unico obiettivo: la ricerca. Da Napoli a Bethesda (Usa), da Heidelberg (Germania) a Milano presso lo IEO. Dove qualche giorno fa ha raggiunto un risultato fra i più importanti della sua carriera. La fondazione per la ricerca sul cancro, l’Airc, che finanzia i suoi studi, ha infatti annunciato una importante scoperta: l’equipe da lui coordinata è riuscita ad “affamare” le cellule tumorali, fino alla morte. Dopo il risultato raggiunto in laboratorio sulle cavie e sulle cellule umane in vitro, adesso si partirà con la sperimentazione clinica sui pazienti. Una scoperta che ha messo in fibrillazione il mondo internazionale della ricerca e che, pochi sanno, ha come protagonista un medico napoletano. Saverio Minucci, 54 anni, sposato, moglie napoletana, due figli, allievo del liceo “Durante” di Frattamaggiore, si è laureato alla prima facoltà di Medicina e Chirurgia di Napoli nel 1988 con il massimo dei voti e lode. Specializzandosi in oncologia (sempre con lode): “Ho scelto medicina perché volevo fare ricerca: non ho mai voluto fare il ‘medico’”. Ed i suoi skill sono stati subito notati dal professore Giovanni Alfredo Puca che all’esame di patologia, al terzo anno, colpito da quel promettente giovane, lo invitò ad entrare nei laboratori di ricerca, dove comincia a “fare pratica” soprattutto sullo studio di proteine coinvolte nel tumore al seno. Inizia a frequentare i laboratori dell’Istituto Internazionale di genetica e biofisica con il professore Pier Paolo Di Nocera, “per aumentare la mia conoscenza sperimentale della biologia molecolare –  continua – contentissimo del periodo a Napoli: ho avuto a che fare con scienziati competenti, creativi, che hanno dato e danno contributi importanti. I limiti però restano le risorse, ed un po’ di difficoltà nel gestire anche quelle esistenti in maniera ottimale. Se la scarsità di risorse acuisce l’ingegno (ricordo che facevamo a gara per ottimizzare alcune procedure sperimentali e spendere il meno possibile: alcune tecniche messe a punto a Napoli costavano il 10% – dieci volte meno – di quanto ho visto poi venivano a costare negli Usa!)”. La “fame” di conoscenza lo porta infatti nel 1992 negli States, ai National Institutes of Health (NIH) di Bethesda, vicino Washington, il centro governativo di ricerca biomedico più grande al mondo, con risorse, a quei tempi, praticamente illimitate. Qui resta fino al 1997 nella sezione di “Genetica Molecolare dell’Immunità” diretta da Keiko Ozato, autorevole ricercatrice giapponese. “Un’esperienza che contribuisce a sviluppare la mia linea di studi nell’epigenetica dei tumori” oltre naturalmente a fargli lievitare la “reputazione” a livello internazionale. “Avrei potuto rimanere all’NIH, ma ho sentito il richiamo della mia terra. Ho cercato quindi di rientrare ed avevo già quasi firmato un contratto per rientrare nei laboratori dell’Embo (organizzazione europea di biologia molecolare) ad Heidelberg in Germania. Poi visto che l’istituto fondato da Umberto Veronesi era in una fase di espansione dei laboratori di ricerca, ho contattato il professore Pier Giuseppe Pelicci, direttore del dipartimento di oncologia sperimentale. E mi sono convinto a tornare a Milano nel 1997”. Qui nel 2002 diventa professore associato e poi ordinario di patologia generale presso l’Università e direttore di unità e poi anche del  programma nuovi farmaci presso lo IEO. A Milano viene subito coinvolto in un progetto di ricerca sulle leucemie: “Abbiamo completato una serie di esperimenti in un tempo molto rapido, lavorando giorno e notte. Anche a ferragosto del 1997. La nostra ricerca è stata pubblicata sull’autorevole rivista scientifica Nature”.  Sensibile, schivo, riservato, ma sempre vicino ai pazienti: “dal momento in cui facciamo una scoperta, al momento in cui per i pazienti può esserci un beneficio, possono passare molti anni (anche più di dieci anni). Ci sono tanti passi da fare….e lavorando in un centro che è anche e prima di tutto un ospedale oncologico e parlando con i pazienti, ho sempre cercato di premere il più possibile anche sul passaggio dalla ricerca alla terapia”. Una vita spesa per la ricerca che, dice, ha bisogno di sempre più fondi. Poco il tempo libero a disposizione. “Saverio ha sempre avuto una marcia in più – dice Salvatore Galante suo compagno di classe al liceo – traduceva dal latino senza vocabolario e spiegava la filosofia a quelli delle classi superiori, e studiava anche musica”. Infatti Minucci è anche diplomato in pianoforte, al conservatorio di Napoli: “talvolta mi diletto a suonare con un piano elettrico con la cuffia, per non disturbare”. Ama il Napoli ma gli impegni professionali non gli consentono di andare allo stadio. Ama Napoli ed ai giovani del Sud dice: ”i tempi sono cambiati, coltivate i vostri sogni, le vostre aspirazioni senza abbandonare la nostra terra. Sono orgoglioso di essere napoletano, fiero delle mie origini e quando posso torno per incontrare qualche amico, se non per lavoro; adesso, insieme al professore Alfredo Budillon, del Pascale, stiamo organizzando un convegno internazionale  sulle terapie epigenetiche dei tumori, per portare i colleghi di tutto il mondo a Napoli, anche per offrire opportunità ai nostri giovani colleghi del Sud”.